giovedì 28 novembre 2013

Recensione: Per Dieci Minuti.

A volte le cose succedono senza un perché e, indagare su quelle forze che segretamente gestiscono il tempo e muovono gli eventi, è pressoché impossibile. Tuttavia, ciò che so è che, due sere fa A., mia dolce confidente e preziosa amica, durante una delle solite chiacchierate serali, ha condiviso con me non solo un'esperienza, un ricordo. No, era ben di più: ha condiviso con me un dono che la vita le aveva fatto e per lei, da quel momento, divenuto molto caro.  
Ad incuriosirmi non è stato il suo racconto ( benché avvincente), bensì la luminosità del suo sguardo mentre condivideva la sua esperienza: il suo casuale imbattersi in questo libro, nell'autrice e,di conseguenza, nel pensiero steineriano. 
Era radiosa e, giuro, che parlarne non rende l'idea. Avreste dovuto vederla! 
Sfido chiunque, quindi, a non incuriosirsi nemmeno un po', di fronte all'entusiasmo trascinante di chi parla di un libro, con così tanto interesse e con così tanta ammirazione.
Ed è così che, dopo averci pensato per tutto il giorno e trascinata a causa (o grazie) all'entusiasmo della mia dolce amica, ieri ho deciso di acquistare il libro per leggerlo.
  
Titolo:  Per dieci minuti
Autrice:  Chiara Gamberale
Editore: Feltrinelli
Collana: I narratori
Prezzo di copertina: € 16,00
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Trama:

Dieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Dieci minuti per fare una cosa nuova, mai fatta prima. Dieci minuti fuori dai soliti schemi. Per smettere di avere paura. E tornare a vivere. Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più. Perché, a volte, capita. Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato a un altro. Che cosa si fa, allora? Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca. Chiara non ha niente da perdere, e ci prova. Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima. Lei che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l'hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, consegna il cellulare a uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere realtà che non avrebbe mai immaginato e che la porteranno a scelte sorprendenti. Da cui ricominciare. Chiara Gamberale racconta quanto il cambiamento sia spaventoso, ma necessario. E dimostra come, un minuto per volta, sia possibile tornare a vivere.

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Recensione:

Bisogna chiaramente ringraziare A., per avermi spinta a leggere questo libro che ho letteralmente divorato in un giorno. Le pagine si susseguivano rapidamente, una dietro l'altra e con una piacevolezza incredibile. 
Ammetto di aver intrapreso la lettura con grandi pretese e aspirazioni, spinta dall'entusiasmo della mia amica e della curiosità di conoscere l'utilità di quel gioco, e ad essere onesta non sono rimasta delusa. Neanche un po'. 
La protagonista è Chiara, scrittrice di romanzi e giornalista, la cui rubrica viene ben presto rimpiazzata dalla "posta del cuore" della neo-famosa Tania Melodia, vincitrice morale dell'ultimo Grande Fratello. 
Adoro l'incipit e il modo in cui l'autrice abbia voluto, sin da subito, introdurci la vita della protagonista. Difatti, ci addentriamo immediatamente nei meandri della sua psiche, del suo dolore, della sua frustrazione dovuta all'abitare in un luogo poco desiderato, in un appartamento che non ritiene il proprio, con una vita che non sembra più essere la sua, abbandonata dall'unico uomo che abbia mai profondamente amato.
Dopo svariati fallimenti e tentativi sarà la dottoressa T. a proporle un gioco, o meglio, Il gioco.

"Per un mese, a partire da subito, per dieci minuti al giorno, faccia una cosa che non ha mai fatto."
"Cioè?"
"Una cosa qualunque. Basta che non l'abbia mai fatta in trentacinque anni."
"Quasi trentasei".
"Quasi trentasei. Una cosa qualunque. Nuova."
"Per un mese."
"Si."
"Per dieci minuti."
"Per dieci minuti."
"Ma... è sicura che funzioni?"
"Dipende da lei. I giochi sono per le persone serie. Se decide di cominciare il percorso, non deve saltare nemmeno un giorno."
"E poi?"
"Poi che?"
"Alla fine che cosa si vince?Riavrò indietro la mia vita?"
"Ne riparliamo fra un mese, Chiara. Intanto giochi, si impegni e non bari, mi raccomando. Arrivederci."

Il libro risulta, quindi, essere il diario di Chiara per tutta la durata del gioco, per tutta la durata di quell'inaspettato percorso che si appresta a intraprendere in quel periodo che va dal 3 Dicembre al 3 Gennaio, in cui la protagonista  stessa si renderà conto di cose che prima non riusciva a vedere o credere. 
La sua avventura ha inizio subito dopo aver lasciato l'ufficio della dottoressa T, con uno smalto rosa che, seppur banale, rappresenta un qualcosa che esula dalla normalità che caratterizzava la sua vita. 
Rimpiangendo quella semplicità lasciata a Vicarello, poco lontano da Roma, dove era nata e cresciuta; odiando Roma e la vita che in quel momento le si prospettava, prova davvero a dare una svolta, coinvolgendo tutti gli amici più cari, anche gli sconosciuti. Tutti, poco per volta, entrano a far parte di quel meraviglioso viaggio, di quella ardua e banale sfida. 
Nel suo romanzo scritto sotto forma di autofiction, l'autrice con uno stile semplice, scorrevole, diretto riesce a snocciolare incredibili spunti di riflessione, tali da porci nella condizione di poter rivalutare la nostra vita attraverso una nuova lente, una nuova consapevolezza. 
I giorni passano e di dieci minuti in dieci minuti, Chiara riesce ad avvertire un cambiamento, anche se una parte di sé sembra essere riluttante verso quella nuova alba che la invita a rialzarsi, quasi come se quel suo essere ancora presa dal tramonto del giorno prima, non le facesse apprezzare quella nuova luce del giorno.
E come avranno fatto dei piccoli gesti diversi dal normale ad incidere nella vita della protagonista?Come può una cosa tanto sciocca da sembrare normale per qualcuno, rappresentare una novità assoluta per qualcun'altro?
Beh, Chiara Gamberale ci dimostra davvero come quei trecentodieci minuti siano stati sufficienti a creare una svolta graduale nella vita della protagonista, accompagnando il lettore durante ogni passaggio.  

"Trovare una cosa nuova al giorno da fare non è facile. E mentre mi sforzo, va da sè: ho meno tempo per realizzare davvero come sto, tanto che a tratti sento come una piccola vertigine"
"E' un bene?"
"Non saprei. A volte, l'impotenza di fronte a tutto quello che mi è successo mi manca. Mi manca svenirci dentro, all'impotenza. Il contatto con la mia parte autentica a cui mi porta quello svenimento."
"Non è detto che si debba svenire di dolore, per entrare in contatto con se stessi. O comunque non è detto che, una volta svenuti, non ci si possa risvegliare."
"Mmm."
"Ci pensi."
"..."
"..."
"Comunque c'è una novità."
"Sarebbe?"
"Il romanzo sta prendendo forma. Comincio proprio a sentirlo...suonare, ecco. E scrivo, scrivo. Scrivo."
"Curioso, no? Prima mi dice che per colpa del gioco dei dieci minuti ha meno tempo per se stessa e ora mi dice che ha finalmente trovato il tempo per scrivere."
"..."
"..."
"Poi?"
"Poi cosa?"
"E' successo qualcos'altro di nuovo in questa settimana?"
"A parte provare lo smalto fucsia, iscrivermi in palestra, suonare il violino, cucinare i pancake, ballare l'hip-hop, camminare di spalle e fissare un quadro di Vermeer?"
"Eh."
"Sì. In effetti sì. E' successo che mi sono messa a ridere. Ha presente, quando capita e non sai nemmeno spiegarti il perchè, ma priprio per questo continui? Ecco. Mi è capitato almeno due volte e mezzo, in una settimana. Mentre camminavo di spalle sottobraccio ad Ato e mentre provavo a stare dietro alla mia maestra di hip-hop. E un pò mi è successo anche quando il primo pancake che ho provato a rivoltare in padella mi è caduto per terra. Anzi, a dirla tutta su un piede."
"Da quant'è che non le capitava?"
"Di ridere così, solo perchè mi veniva?"
"Eh."
"Da undici mesi."
"Vada avanti, Chiara, mi raccomando."
"Ci provo, ma ancora mi sfugge il significato profondo del gioco. E' un invito a cambiare i nostri schemi mentali?"
"Più o meno".

Più si va avanti, più si diventa consapevoli delle infinite possibilità che ogni giorno noi stessi ci precludiamo fissandoci all'interno di preconcetti,i cui creatori siamo solo noi. 
La protagonista non si accorge di essere fortunata, di essere voluta bene, di essere apprezzata. E sarà proprio quella voglia di mettersi in gioco, quel riflettere incessantemente su come impiegare quei dieci minuti, che la porteranno ad "un nuovo stato di coscienza", a comprendere di non essere lei il problema, a quel pensiero tanto buffo ma sincero pronunciato dalla bocca della Matta. " SCEGLI: O DENTRO, O FUORI. MA SE STAI SULLA PORTA MI BLOCCHI IL TRAFFICO."

 Ho amato questo bizzarro pensiero. così come tanti altri che ingenuamente si presentavano tra le pagine. Tutto ciò che ci rende nervosi, tristi, angosciati dovrebbe essere estirpato via. La scelta è soltanto nostra.
Alla fine del libro, Chiara ci parla della sua vita un'anno dopo il "gioco", ci introduce le sue piccole conquiste quotidiane, mostrandoci la sua fierezza e la sua soddisfazione nell'averle raggiunte.  

La mia amica  un giorno mi disse: "Ognuno si assume la responsabilità delle proprie azioni", che tradotto significa che ognuno ha ciò che si merita. Ovviamente, con ciò non si pretende di giudicare l'altrui operato, ma semplicemente affermare che l'unica cosa che a noi rimane è solo il risultato di ciò che abbiamo seminato e nei modi in cui l'abbiamo fatto.

"A fine  gennaio la lattuga ha cominciato a spuntare. Il peperoncino non ce l'ha mai fatta."

E ancora:

"E allora mi dico che, se nel mondo ci sono persone che suonano il violino, cambiano pannolini, girano video porno amatoriali, insegnano hip-hop, seminano e leggono Harry Potter, fra sette miliardi ce ne sarà almeno una che stava aspettando proprio me, nei dieci minuti in cui la incontrerò."

Grazie Chiara, per essere arrivata fino a me e per avermi mostrato come trecentodieci minuti al mese, dieci minuti al giorno, possano cambiarti l'esistenza. 


VOTO: 




domenica 17 novembre 2013

Recensione: Cime Tempestose

Amo questo libro.
Amo la sua copertina logora, consunta.
Amo la storia e i suoi personaggi.

Cime Tempestose,( titolo originale dell'opera : Wuthering Heights)unico romanzo dell'autrice, è stato per la prima volta pubblicato nel 1847 sotto lo pseudonimo di "Ellis Bell".

-Gemma de Sanctis, nella sua interessantissima introduzione, spiega il perchè di tale scelta: le sorelle Bronte temendo di poter essere soggette a pregiudizi a causa del loro essere donne, decisero di pubblicare le loro opere sotto pseudonimo. Quindi, Emily, Charlotte ed Anne, divennero Ellis, Currer e Acton Bell. Ciononostante, non appena la vera identità della scrittrice di Cime Tempestose fu rivelata, le critiche furono così pesanti tanto che la vera essenza dell'opera passò in secondo piano e tutta l'attenzione si focalizzò sul fatto che questo libro fosse stato scritto da una donna.

Ho letto e riletto questo romanzo miliardi di volte e, ogni volta, la struggente passione di Catherine ed Heathcliff è sempre stata in grado di trascinarmi dalla prima all'ultima pagina, sempre allo stesso identico modo.



"1801. Sono appena tornato da una visita al mio padrone di casa, l'unico vicino col quale avrò a che fare. Che posto magnifico è questo! Dubito che in tutta l'Inghilterra avrei potuto trovare un luogo altrettanto remoto dalla frenesia del consorzio umano. Un vero paradiso per i misantropi, e il signor Heathcliff e io siamo i tipi adatti a condividere questa solitudine".

Cime Tempestose si apre con questa breve ma intensa descrizione del luogo:un piccolo, breve assaggio dell'atmosfera che nella penisola dello Yorkshire si respira, attraverso cui il Signor Lockwood, curioso narratore ci inoltrerà.

Ciò che sin da subito colpisce di questo romanzo è la psicologia dei personaggi cui pare essere concesso ogni eccesso: passione, follia, odio sembrano susseguirsi inesorabilmente.

La curiosità del viaggiatore cresce soprattutto grazie all'interesse provato nei riguardi della storia che anima quel luogo, e sarà grazie alla governante Ellen Dean, l'adorabile Nelly , che degli eventi non era sicuramente solo spettatrice.
I due protagonisti sono Catherine Earnshaw ragazzina viziata, capricciosa e Heathcliff un orfano che il padre di Catherine decide di accudire e portare con sè durante un viaggio di ritorno da Liverpool. 
Catherine ed Heathcliff sembrano essere legati da un legame profondo e, tale elemento, è ciò che più intriga e, a mio avviso, appassiona il lettore.
Catherine sembra essere spaventata e allo stesso tempo attratta da quella pervasiva passione che prova per Heathcliff, quasi come se camminando attorno ad un lago, avesse paura di cadervi dentro, tanto da costringere se stessa a starne lontana; una passione che la spinge a pronunciare la celebre frase " Io sono Heathcliff", ( I am Heathcliff)che toccherà, nel profondo,  il cuore di ogni lettore.

"(...) è lui la mia ragione di vita. Se tutto il resto perisse, tranne lui, continuerei a esistere; e se tutto il resto rimanesse, e lui fosse annientato, l'universo mi sarebbe estraneo. Non ne farei più parte. Il mio amore per Linton è simile alle foglie dei boschi. So che il tempo lo muterà, come l'inverno muta gli alberi...ma il mio amore per Heathcliff somiglia alle rocce eterne sotto di noi...una sorgente di gioia poco visibile, ma necessaria. Nelly, io sono Heathcliff...lui è sempre nella mia mente...non come un piacere, non più di quanto io sia un piacere per me stessa, ma come il mio stesso essere, perciò non parlarmi più di separazione..è impossibile (...) ".

Ma, ad essere onesti, Heathcliff è assolutamente il mio personaggio preferito. La sua durezza è dovuta al bisogno di un amore che, per quanti sforzi facesse, non sarebbe mai stato destinato a coronarsi.
" (...) Allora, di cos'è che avresti voglia di lamentarti, Heathcliff?"                               "Di niente...ma da' un occhiata a quel calendario" Indicò un foglio incorniciato appeso vicino alla finestra e continuò: "le croci indicano le sere che hai trascorso con i Linton, i cerchi quelle che hai passato con me...Vedi? Non ho saltato un giorno".                                                                                                                                "Si... una cosa davvero sciocca; come se m'importasse!" ribattè stizzita Catherine. "E perchè lo hai fatto?"                                                                                                      "Per mostrarti che a me importa", rispose Heathcliff. " Dovrei forse stare sempre con te? (...) Che me ne varrebbe...? Di cosa parlerei, con te? Considerato quello che dici, o quello che fai per divertirmi, tanto varrebbe stare in compagnia di un muto, o di un lattante!" (...) "Bella compagnia, stare con chi non sa niente e non dice niente".

E ancora:

"Il mio posto non è al fianco di Edgar Linton più di quanto non sia in paradiso; (...) Ma ora per me sposare Heathcliff significherebbe degradarmi, perciò non gli dirò mai quanto lo amo; e non perchè sia attraente, Nelly, ma perchè è me più di quanto lo sia io stessa. Di qualunque sostanza siano fatte le anime, le nostre sono uguali, mentre quella di Linton è diversa, come un raggio di luna è diverso dal lampo, o il ghiaccio dal fuoco".

Come avrei reagito io al suo posto?
Mi sarei gettata anche io tra le braccia di un Linton in grado di concedermi ciò che per me, dal punto di vista sociale, sarebbe parso come un bene, o avrei ottemperato a quel giuramento d'amore che la brughiera custodiva segretamente?

Esiste una confessione d'amore più pervasiva e profonda di questa? 
Allora,Cathy, perchè hai deciso di essere la gioia di Heathcliff ma anche il suo carnefice? Perchè hai deciso di far vivere entrambi in un limbo dolce e al contempo amaro, quel glukupikron che già anticamente Saffo e Catone cantavano nei loro versi di struggente amore?
A nessuno purtroppo è dato sapere cosa sarebbe successo se "abbandonarsi" fosse stata la scelta dei nostri due protagonisti. Storia d'amore destinata eternamente a consumarsi davanti ad una brughiera tempestosa,quel luogo benedetto e maledetto, teatro di un amore giurato e mai consumato.

E voi, miei cari sognatori? Cosa avreste fatto?

-Vostra Claire


N.B Enorme contributo circa le informazioni sull'autrice e sul suo romanzo da:
-"Breve storia della Letteratura Inglese" di Paolo Bertinetti
-Introduzione di Gemma de Sancits a "Cime Tempestose" edito da Giunti
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